- Blog
- Posted
Per essere cittadini e non sudditi di Ferdinando Imposimato
La riforma del Senato è una minaccia grave alla democrazia: attribuisce enormi poteri al premier e depotenzia tutti gli altri organi costituzionali a vantaggio del governo.
Aristotele, il più grande filosofo della politica, affermò: “Mai dare troppi poteri a chi governa. La passione sconvolge, quando è al potere, anche l'uomo migliore”.
Italicum e riforma del Senato causano, con una minoranza di parlamentari divenuta illegittima maggioranza, la dittatura personale del primo ministro e l'asservimento a lui di Parlamento, giustizia, istruzione e informazione. La conseguenza sarà la fine dell'alternanza e della libertà, cardini della democrazia.
Sinteticamente votare no al referendum equivale a restare CITTADINI e non essere retrocessi a sudditi.
1. Incostituzionalità dell'organo che ha approvato la riforma: il parlamento
La Costituzione 48 fu approvata dal 95 % di un Parlamento legittimo con la partecipazione di maggioranza e opposizione. La riforma del Senato, invece è opera di una minoranza di parlamentari eletti senza il voto personale dei cittadini e con totale “coartazione della libertà di scelta da parte dei cittadini”, secondo la Corte Costituzionale sentenza n. 1/2014.
Il cittadino deve chiedersi se un Parlamento formato integralmente con una legge elettorale dichiarata incostituzionale dal giudice delle leggi, possa procedere all'approvazione di una legge di revisione costituzionale.
2. Calamandrei: il Governo non poteva partecipare alla riforma costituzionale
Da ricordare come disse nel 1947 Piero Calamandrei (V. “come nasce la Costituzione” il Ponte ed vol. I p. 147)
“Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza: il governo può esercitare per delega il potere legislativo ordinario, ma nel campo del potere costituente, non può avere alcuna iniziativa, neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del Governo dovranno essere vuoti (sic), estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formazione del progetto. Se si affida al Governo o a una Commissione di tecnici non facenti parte dell'assemblea la preparazione del piano, la sovranità popolare viene menomata”.
Ed invece nella riforma Renzi-Boschi è accaduto l'esatto contrario: la riforma è stata scritta per il Governo da personaggi misteriosi e nemici dell’eguaglianza, che si intravedono nell'ombra. Persone che vogliono interferire nella nostra democrazia, amici del premier.
3. Non è vero che la riforma realizza un risparmio nella spesa pubblica
Viene sostenuto che la riforma consentirebbe un risparmio di 500 milioni (da destinare ai poveri!) per la riduzione dei senatori da 315 a 100. E' falso !
Il risparmio certificato dalla Ragioneria dello Stato e dal Senato stesso è di 58 milioni. Una inezia considerando che la riforma:
a) non riduce il numero di 630 deputati, come richiesto dall’opposizione;
b) non riduce le indennità dei parlamentari, il triplo di quelle percepite dagli omologhi di Francia, Germania e Gran Bretagna;
c) non contiene i costi, che secondo i dati dei bilanci di Senato e Camera del 2011, ammontano a circa 2 miliardi di euro;
d) non riduce la spesa del Quirinale di 624.000 euro al giorno 2014 pari a 224.640.000 annui, né quella della Corte costituzionale;
La situazione esposta, si aggraverà ulteriormente.
Ciò in virtù dell'autodichia, che è la massima espressione nel potere autoregolamentare attribuito alle Camere per cui il Parlamento, oltre ad esser giudice di se stesso, può fare come gli pare su stipendi e spese. I privilegi sono estesi agli altri organi costituzionali.
Tali privilegi, discendenti dal regolamento interno, sono stati addirittura costituzionalmente blindati con l'art. 40 della riforma, grazie a un emendamento del Senatore Sposetti, approvato da tutti i partiti, ad eccezione del M5S. L'emendamento statuisce: “restano validi a ogni effetto i rapporti giuridici attivi e passivi, instaurati anche con i terzi dalle amministrazioni della Camere”.
La Corte costituzionale ha sentenziato in favore dell'autodichia, ma ha riconosciuto (sentenza n. 120 del 2014) che in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, l'autodichia non è più prevista. Sono miliardi di euro che vengono sperperati dalle amministrazioni di Camera e Senato con aumenti di stipendi già esorbitanti, appalti irregolari, servizi e affitti d'oro.
Per cui la riforma costituzionale, con il trucco della riduzione dei senatori (che fra l’altro saranno certamente remunerati con i rimborsi delle spese) lungi dal ridurla aumenta la spesa pubblica e le diseguaglianze sociali fra lavoratori che si accresceranno in dispregio degli art. 3 e 36 della Costituzione, che prevedono per ciascun lavoratore “una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque tale da garantire una vita libera e dignitosa”.
4. La riforma agevola la governabilità con la rottamazione della sovranità popolare
La riforma, come si dirà di seguito, conferisce enormi poteri al premier e delegittima Parlamento e opposizione.In base alla nuova legge elettorale, detta Italicum, i deputati (630) sono nominati (circa 400) dalle Segreterie dei vari Partiti, mentre i cittadini ne eleggeranno soltanto i rimanenti (230 circa).
Il premio di maggioranza (55% dei seggi) previsto dall’Italicum comporta che venga assegnato al Partito che consegua il 40% dei voti alla prima elezione, oppure, nel caso che nessun partito consegue quella percentuale, si dovrà svolgere il ballottaggio tra i due più votati e conseguirà il premio il partito che, anche se di poco, supererà l’altro.
A causa dei capilista sottratti alla preferenza e alla possibilità che essi si possano candidare in dieci collegi su 630 deputati, 400 saranno nominati e non eletti, con annullamento della volontà popolare ed un accentramento dei poteri del tutto antidemocratico.
Chiunque raggiunga così la maggioranza assoluta della Camera, disporrà di una prevalenza tale che gli consentirà di nominare il Presidente della Repubblica, tre giudici costituzionali, il CSM, i capi delle Authority e la RAI, come è accaduto con l’attuale Parlamento, nel quale il PD, fruendo del premio di maggioranza previsto dalla precedente legge elettorale (porcellum dichiarato incostituzionale) si è assicurato tutti i detti vantaggi.
D’altro canto tutti i senatori saranno eletti dalle Segreterie dei Partiti, che li sceglieranno tra i consiglieri regionali ed i sindaci.
La riforma costituzionale unita alla legge elettorale determina la rottamazione della sovranità popolare svalutando la manifestazione del voto, riducendo notevolmente la scelta degli elettori per quanto riguarda i deputati ed eliminandola del tutto per i senatori. Ne è la prova evidente la nuova formulazione dell’articolo 67 della Costituzione che sancisce “I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”, non prevedendo più la fondamentale affermazione che “ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione”. In sostanza viene disconosciuto il principio dichiarato dall’articolo 1, secondo comma, della Costituzione che attesta che la sovranità appartiene al Popolo.
Quindi la riforma agevola la governabilità ? Si può rispondere di si soltanto se per governabilità si intende la stabilità generata dalla sussistenza della DITTATURA.
5. La riforma non agevola la velocità legislativa
Il Governo invoca la soppressione del bicameralismo perfetto per legiferare in modo veloce, anche tale prospettazione è falsa ! Del resto la maggioranza delle leggi sono state approvate in pochi giorni, mediante la fiducia, in contrasto con il bene comune: Jobs act, contro i lavoratori; legge salva banche, contro i risparmiatori; legge Imubankitalia, a favore di squali dell'alta finanza; legge sulla buona scuola, contro la dignità dei docenti; legge sblocca Italia, contro l'ambiente e il patrimonio storico e artistico della nazione; legge sul voto di scambio, contro la libertà di voto.
Il Costituente del 1948 ha disegnato il modello del bicameralismo paritario, basato sul dogma dell'unicità del procedimento legislativo che garantisce i cittadini circa l’avvenuto approfondimento, riflessione e discussione delle norme da adottare a tutela della democrazia.
La riforma Boschi-Renzi, se formalmente dichiara di semplificare il procedimento mediante il superamento della cosiddetta navetta dando la parola finale alla Camera dei deputati per l'ordinaria attività legislativa, dall'altro lato complica del tutto il futuro esame dei progetti di legge, a causa di un'evidente proliferazione delle tipologie dei procedimenti legislativi.
Dallo studio accurato della riforma emergono ben NOVE distinti procedimenti legislativi da seguire per l’approvazione delle leggi, che sono di competenza della Camera e del Senato.
L'ampiezza numerica delle procedure previste (con decine e decine di materie vaganti da una parte all'altra) lascia presagire con certezza che, in caso di entrata in vigore della riforma Renzi-Boschi, vi saranno altri 10 anni di ingente contenzioso costituzionale davanti alla Consulta fra Stato e Regioni sul "chi fa che cosa", esattamente come avvenuto dopo la revisione del Titolo V del 2001.
È da segnalare l’incoerente attribuzione ai novelli senatori, di provenienza territoriale, della competenza a legiferare in materia di trattati internazionali e non aver invece voce in capitolo per la dichiarazione di guerra.
Altro paradosso riformatore è la disposizione che invece di eliminare la peculiarità dei privilegi, che costituiscono fonte di enorme sperpero di denaro pubblico, riservati alle Regioni a statuto speciale (art. 39, comma 13) mantiene invariata la vigenza della normativa del Titolo V per dette Regioni.
In realtà le leggi devono essere giuste e non veloci.
6. La manifesta illogicità della composizione territoriale del nuovo Senato e della elezione dei senatori
Si vuole eliminare il bicameralismo, mentre di fatto questo sussiste sempre con maggiori ed evidenti complicazioni e manifesti motivi di illogicità.
Come già accennato la scelta dei senatori, pur parlando di “elezione”, non viene espressa dai cittadini ma trattasi di designazioni di cui non si conoscono le modalità di preferenza da parte dei consigli regionali ancora da stabilire con legge ordinaria.
Si crea, inoltre, una sperequazione del potere delle Regioni nella composizione territoriale del Senato, per il fatto che ad ogni regione è assegnato un numero di senatori proporzionale alla popolazione.
Secondo i calcoli effettuati dagli esperti 12 regioni dispongono di 26 seggi complessivamente; 9 regioni (fra le più popolose) di ben 69 seggi, e ciò comporterà che le regioni più grandi saranno avvantaggiate nelle decisioni legislative da assumere.
Negli USA, invece, ogni Stato ha due Senatori, indipendentemente dalla grandezza dello Stato, e questa è la scelta più ragionevole in termini di rappresentanza del territorio.
Ulteriore grave incongruenza che renderà inattuabile la formazione del nuovo Senato è la previsione della disciplina esistente per le Regioni a Statuto speciale per la designazione dei consiglieri regionali a senatori. Ciò in quanto nello Statuto di dette Regioni è esplicitamente disposta la “incompatibilità”, e quindi l’impossibilità, “dei Consiglieri regionali a rivestire la carica di membro di una delle camere”. Pertanto, sarà necessaria non una legge ordinaria, bensì una legge costituzionale finalizzata a modificare lo Statuto del Friuli Venezia Giulia, della Sardegna, della Sicilia, del Trentino Alto Adige (costituito dalle province autonome di Trento e di Bolzano) e della Valle D’Aosta, per l’eliminazione, previo accordo con i predetti Enti, della normativa relativa all’incompatibilità.
Il nuovo Senato, inoltre, sarà continuamente a composizione variabile in dipendenza della decadenza dei consiglieri e dei sindaci presso i rispettivi enti territoriali, e della loro sostituzione.
Sono da stabilire con legge ordinaria le modalità - ancora oscure - di attribuzione dei seggi ai senatori, comunque non più scelti dagli elettori.
Ai tutti i componenti del nuovo Senato verrà conferita l’immunità, garanzia prevista dai padri della Patria per gli eletti dal popolo, per le opinioni ed i voti espressi nell’esercizio delle funzioni. Tale garanzia, purtroppo nel tempo, è diventata un pretestuoso meccanismo di difesa dall’azione della magistratura contro la corruzione.
7. La riforma costituzionale svuota dei poteri le istituzioni di garanzia: CSM, Consulta e Presidenza della Repubblica
Grazie alla Costituzione, tutti, anche i Governanti, sono sottoposti ad essa ed alle leggi (art. 3 e 54 Cost.). E coloro che svolgono ruoli istituzionali devono rispettarLa con disciplina e onore.
Con la riforma, congiunta alla legge elettorale italicum, viene alterato il principio della separazione dei poteri e vengono annullate, di fatto, le garanzie che svolgono un compito di bilanciamento fra gli organi costituzionali dello Stato.
Non vengono eliminati Parlamento, Corte Costituzionale, CSM e Presidente della Repubblica, ma sono svuotati dall'interno dei poteri che tali istituzioni hanno. Il presidente del consiglio, in conseguenza del controllo della maggioranza in modo ferreo, deciderà i vertici degli organi di garanzia, escludendo del tutto l’intervento democratico dell'opposizione. Attraverso la scelta dei membri laici del CSM e della Corte Cost., controllerà la maggioranza della Consulta e del Consiglio Superiore della Magistratura.
8. Elezione del presidente della repubblica
Il Presidente della Repubblica è eletto, secondo la vigente Costituzione (art. 83, 3°c.), dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri ed ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’Assemblea. Dopo il terzo scrutinio, prosegue la norma citata, è sufficiente la maggioranza assoluta.
La nuova legge lascia inalterata la prima parte della norma, ora citata e prevede, invece, in sostituzione della seconda, che dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quarti dell’Assemblea, che, essendo composta da 730 parlamentari, richiede, quindi, 438 voti. “Dal settimo scrutinio” -prosegue la nuova disposizione- “è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti”.
Quest’ultima disposizione appare assai poco meditata rispetto all’analoga norma della Costituzione in vigore, che, come abbiamo visto, dopo il terzo scrutinio ritiene sufficiente “la maggioranza assoluta dell’Assemblea.” Infatti, si è disancorato il numero dei voti necessari per eleggere il Presidente da un rapporto fisso con i componenti dell’Assemblea, rapportandolo con quello, invece, dei votanti cosicché, per un complesso di contrasti dei gruppi parlamentari, può aversi un Presidente eletto da uno dei gruppi con solo 180 voti, avendo raccolto sul proprio candidato i tre quinti dei votanti.
Ma un Presidente eletto, con un così esiguo numero di voti, non può “rappresentare l’unità nazionale” come recita il primo comma dell’art. 87 della vigente Costituzione non modificato da quella nuova in discussione.
9. Il Presidente della Repubblica vincolato a nominare il Premier indicato dalla Camera
Formalmente sarà il Presidente della Repubblica a nominare il Primo Ministro. Di fatto non è così. <<L'Italicum trasforma il voto al partito del leader che vince le elezioni in un'investitura diretta del Capo del Governo; che, essendo anche segretario del partito di maggioranza, in mancanza del Senato come contropotere, escluso dalla fiducia al Governo, diventa di fatto un premier assoluto>> (A. Pace, S. Gambino, V. Onida). Con la conseguenza dell'uomo solo al comando. (A. Pace)
Il Capo dello stato è di fatto vincolato a nominare la persona sostenuta da 340 deputati, blindati dal premio di maggioranza dell'Italicum. Nessun altro otterrebbe la fiducia della Camera, la sola a dare e a revocare la fiducia. Appare evidente che il Presidente del Consiglio, con la legge Italicum, ha un potere personale abnorme, che viene rafforzato dalla riforma del Senato, per via della nomina dei Senatori da parte del partito di cui il premier è segretario.
10. Il Parlamento potrà approvare leggi ancora più ingiuste
La Camera dei deputati potrà legiferare, senza contradditorio del Senato, della Corte Costituzionale e della opposizione, a favore di banche, lobbies, poteri forti e contro l’eguaglianza dei diritti sociali. Quindi non per il bene comune dei cittadini e l'utilità sociale o per la tutela dell'ambiente e del patrimonio storico e artistico della nazione (art. 9 Cost.).
11. Il Presidente del Consiglio, attraverso la Camera dei deputati, potrà dichiarare la guerra
La Costituzione del ‘48 riconosce (art. 78 Cost.) alle due Camere il potere di dichiarare la guerra. Oggi, con la legge elettorale Italicum e la riforma del Senato, il premier, controllando la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati, avrà il potere di indurre la Camera a dichiarare la guerra (oggi alla Libia domani all'Iran), sotto la spinta di influenti personaggi stranieri presenti in Italia, che fanno parte del Governo mondiale invisibile. Personaggi assertori del principio della guerra mondiale permanente. Sono gli stessi che indussero l'ex pres. USA George Bush e l'ex premier italiano a dichiarare la guerra all'Iraq in base a presupposti falsi e menzogneri, invocando la lotta al terrorismo.
12. Il linguaggio testuale della riforma
Per dare un parametro della presunta semplificazione che si assume essere indispensabile per velocizzare la produzione normativa è importante rappresentare il confronto linguistico con le nuove disposizioni della riforma costituzionale.
Ictu oculi è sufficiente citare due soli articoli.
Articolo 70 (sulle funzione legislativo): testo vigente 9 parole; testo della riforma 438.
Articolo 117 (sulle competenze legislative Stato e Regioni): testo del 1948 140 parole; testo della riforma 825 parole.
Quindi, due soli articoli saranno composti da 1263 vocaboli, a fronte dei 1357 dell'intero testo del 1948!
13. Falsità sulle conseguenze del no
Allarmi e falsità vengono diffuse per convincere i cittadini a votare per il si alla riforma. Le giravolte di Benigni sugli effetti del NO sono smentite dal Financial Times, il cui autorevole giornalista Tony Barber scrive “le riforme di Renzi sono un ponte costituzionale verso il nulla”. I dati forniti dal premier sono falsi: la “lentezza nell'approvazione delle leggi” è campata per aria perché “il Parlamento italiano approva più leggi di Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti”.
E ancora “una sconfitta del si al referendum non destabilizza l'Italia”, e “non si può anteporre la sopravvivenza del Governo al bisogno di una sana democrazia in Italia”.
Altro allarme del tutto infondato per disorientare coloro che voterebbero per il no sta nell’affermare che ci troveremmo davanti ad una situazione di incertezza politica.
C’è da considerare che i parlamentari acquistano il diritto al vitalizio soltanto se la legislatura abbia avuto il suo completo svolgimento naturale, cioè per tutti i cinque anni. Finora, invece, il diritto al vitalizio si acquistava anche con un solo giorno di legislatura quindi non vi sono pericoli di caduta del parlamento.
- Non si può dire, come fanno molti: voterei no, perché la riforma non mi piace, ma voterò sì perché non si può far vedere che ancora una volta, dopo tanti anni, le riforme non si fanno;
- non si può dire: voterei no perché la riforma è dannosa e brutta, come hanno affermato costituzionalisti anche governativi, però voterò si perché se no cade il governo;
- non si può dire, come ha fatto il premier, usando la strategia del ricatto, “che siate per il si o per il no alla nuova Costituzione, votate SI altrimenti me ne vado” e… poi “comunque non me ne vado”;
- non si può dire di votare si in base alla promessa di cambiare successivamente la legge elettorale italicum, per due motivi: il primo è che non è affidabile chi promette “stai sereno”; il secondo è che anche in presenza di cambiamenti significativi della legge elettorale, la riforma costituzionale rimane comunque un’accozzaglia di incoerenti disposizioni.
14. Le proposte
Vogliamo che sia risolto il conflitto di interessi impedendo ai titolari di una o varie concessioni TV la elezione in Parlamento, che siano garantiti pluralismo della informazione e libertà di stampa, cardini della democrazia, siano attuate l' eguaglianza dei diritti sociali riducendo le enormi diseguaglianze tra una piccola classe di privilegiati e enorme massa di cittadini; la tutela del lavoro dignitoso riconoscendo meno lavoro a tutti e più lavoro a tutti, riducendo la settimana lavorativa a 35 ore, la tutela delle pari opportunità dei cittadini all''accesso delle cariche elettive, tutela della scuola pubblica come presidio di libertà e garanzia di sviluppo, riconoscendo agli insegnanti stipendi dignitosi, il reddito sociale per i portatori di handicap e disoccupati involontari, che sia realizzata una società che non abbia settori marginali, zone d'ombra alle quali , quasi per una congenita e insuperabile diversità , sia riservata una sorte meno fortunata, una partecipazione meno intensa al valore della vita sociale , una diseguaglianza di posizione, un incolmabile dislivello sotto ogni riguardo. Occorre rimuovere questi settori marginali
Vogliamo che i giovani, spesso assenti dalla vita sociale e politica, indifferenti, privi di ideali, in preda a precoce scetticismo, siano protagonisti. L' assenza dei giovani significa l'esaurirsi della speranza di avvenire della nostra società.
Tutto questo porta a considerare che occorre sventare il pericolo dell’omicidio della democrazia e della rappresentanza popolare.
Rivolgiamo a tutti un appello a votare NO, informare e coinvolgere il maggior numero di persone, rendendole consapevoli che questa è una svolta cruciale per la democrazia e l'eguaglianza: per non essere SUDDITI SCHIAVI ma cittadini degni di giustizia e libertà.
per ulteriori approfondimenti: https://www.facebook.com/indifesadellacostituzione/
Ferdinando Imposimato